Si fa drammatica la situazione nel bacino padano, “giacimento” del “made in Italy”  agroalimentare, ma dove, nella perdurante assenza di piogge,  si è ormai alla vigilia di scelte drastiche per garantire una portata del fiume Po, sufficiente  ai prelievi ad uso potabile ed a contrastare la risalita del cuneo salino, che sta alterando gli equilibri ambientali nel delta, inaridendo i territori: dalla sorgente alla foce, non solo i flussi in alveo sono  largamente al di sotto di quanto  registrato in anni recenti, ma a Pontelagoscuro, con 301,6 metri cubi al secondo, si è scesi  abbondantemente sotto il precedente minimo storico, fissato a mc./sec. 320.

“A fronte di tale emergenza, chiediamo  l’immediata  attivazione di una cabina di regia, che ricomprenda  i principali organi tecnici e politici, per  valutare, nel rispetto delle priorità di legge,  tutte le possibili soluzioni e conseguenti azioni in materia di rilasci e prelievi idrici in alveo, governando  le inevitabili problematiche, che ne seguiranno”, dichiara Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi).

Attorno al tavolo, coordinato dalla Protezione Civile, dovrebbero sedere, oltre ad Anbi, le 4 Regioni interessate (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto), le Autorità di bacino distrettuale del fiume Po e delle Alpi Orientali, i rappresentanti dei gestori elettrici e dei principali “stakeholders” .

“Le eventuali scelte da assumere – precisa Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – non possono, infatti, ricadere su un unico portatore d’interesse, ma devono essere frutto di scelte responsabilmente assunte in maniera collegiale, nell’assoluta sicurezza che ciascuno faccia la propria parte e che quanto deciso raggiunga gli obbiettivi prefissati. E’ inaccettabile, infatti, penalizzare idricamente l’economia di un territorio senza la ragionevole certezza di  un effettivo ristoro utile per aumentare i livelli in alveo”.

Le prossime settimane saranno le più critiche per le colture in campo ed uno stress idrico ne pregiudicherebbe la resa o potrebbe addirittura causare, in alcuni territori, la perdita parziale o totale della produzione; per questo, Anbi richiama la necessità di non limitare le  valutazioni a semplici considerazioni  idro-meteorologiche, ma di analizzare anche la condizione idrica complessiva dei territori e soprattutto lo stato fenologico delle colture, considerato pure l’obbiettivo strategico di aumentare l’autosufficienza alimentare del Paese.

“Auspichiamo – conclude Vincenzi – che la gravità della situazione e l’evidenza dell’emergenza in atto induca urgentemente ad avviare la necessaria infrastrutturazione del territorio, ad iniziare da nuovi bacini per trattenere le acque di pioggia e contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici, aumentando la resilienza delle comunità”.

FONTE: UFFICIO STAMPA ANBI NAZIONALE