Invertendo l’ordine dei fattori, in una condizione di estremizzazione degli eventi atmosferici, il risultato non cambia e si chiama alluvione: è così per l’ormai “palude padana”, ma è così anche per l’inaridito Meridione, come evidenzia il settimanale report dell’osservatorio Anbi sulle risorse idriche.

La settimana appena trascorsa è stata l’ennesima riprova della pericolosità degli effetti del riscaldamento globale e di come l’Italia sia l’hub europeo della crisi climatica: ben 236 nubifragi hanno squassato la Penisola in soli 7 giorni  (dal 15 alla mattina del 22 Ottobre; fonte: Eswd – European Severe Weather Database) con cumulate di pioggia, in alcuni casi impressionanti, su un Paese spezzato in due fra territori devastati da oltre un anno di siccità estrema e zone con i serbatoi acquiferi stracolmi, nonché terreni saturi d’acqua dopo mesi di piogge abbondanti: decine di corsi d’acqua tracimati nell’Emilia-Romagna nuovamente in ginocchio ad appena un mese dalla precedente inondazione, con una vittima e migliaia di sfollati.

“Al Nord, dove solamente un anno e mezzo fa  si combatteva contro la peggiore siccità della storia – commenta Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi) – l’imperativo è tornato ad essere quello di allontanare nel più breve tempo possibile l’acqua in eccesso ed asciugare la pianura stremata da eventi climatici estremi, frequenti ed ormai ingestibili con gli strumenti attualmente a disposizione”.

Solo tra Bologna ed il suo hinterland i corsi d’acqua, tombati o scoperti, esondati durante i recenti nubifragi sono stati almeno 7: Ravone, Savena, Zena, Idice, rio Brolo, rio Caurinziano, canale di Reno. Nell’Emilia Romagna alluvionata le portate dei principali fiumi appenninici sono cresciute al di sopra delle medie storiche ed alcune, vista la perdurante instabilità atmosferica, continuano suscitare preoccupazioni: il Panaro ha raggiunto mc/s 162,72 di portata (media storica: mc/s 8,39), mentre il Savio è cresciuto del 730% (fonte: Arpae).

La piena del fiume Po, che sta attraversando il delta, risulta essere la terza più consistente del recente ventennio dopo quelle di novembre 2019 e novembre 2014; la portata media, a Pontelagoscuro, ha superato i 7.100 metri cubi al secondo (oltre 4 volte più della media ottobrina), mentre nell’Alessandrino ha toccato mc/s 2344, cioè quasi 6 volte quella consueta del periodo.

In Valle d’Aosta crescono  le portate di Dora Baltea e torrente Lys, passato da mc/s 1,60 nella settimana scorsa a mc/s 13,40 in questi giorni.

In  7 giorni il Piemonte ha visto crescere di oltre il 230% i flussi del fiume Tanaro, mentre quelli della Stura di Lanzo sono aumentati di più del 430%; inoltre è raddoppiata la portata della Stura di Demonte e triplicata quella della Toce.

In Lombardia, le riserve idriche sono superiori alla media di oltre il 38%.

Nonostante le portate erogate dai “grandi laghi” siano ben superiori al consueto, gli enormi afflussi idrici da monte (quelli del Benaco sono superiori ai massimi storici del 1980) mantengono i livelli dei bacini su valori nettamente superiori alla media (il Maggiore è pieno al 110%, esondando nelle aree più basse; il Lario è al 59,4%, il Benaco al 92,1%, il Sebino al 75,7%).

In Veneto, dove è scattata più volte l’allerta rossa, i flussi dei principali fiumi hanno continuato a crescere notevolmente dopo che già la settimana scorsa avevano registrato significativi surplus idrici: la Livenza ha toccato mc/s 246,42 con una crescita settimanale del 37% ed una differenza sulla media di +178%; il Bacchiglione è salito a mc/s a 138,48, contro  mc/s 54,42 di 7 giorni fa; il Brenta ha registrato mc/s  256,37 (+362% sulla portata media storica d’Ottobre).

Continuano a crescere, per via del prolungato periodo di maltempo, anche i livelli dei fiumi in Liguria: prima tra tutti, la Vara che lunedì scorso ha destato non poche preoccupazioni per via di un’impennata repentina di ben 3 metri in sole 2 ore.

Scendendo al Centro Italia, la fascia settentrionale della Toscana è quella maggiormente colpita da fenomeni meteorologici avversi in questo autunno 2024: solamente sul Massese, negli scorsi 30 giorni si sono registrate cumulate di pioggia tra  500 e 600 millimetri con record di mm. 737 sul comune di Mulazzo; notevoli anche gli accumuli di pioggia su Pistoiese, Lucchesia e Livornese, dove in molte località si sono superati i 400 millimetri (fonte: Centro Funzionale Regionale) . Crescono le portate fluviali: il Serchio supera mc/s 77; la Sieve tocca mc/s 16,80 (+435% rispetto ad una settimana fa); l’Arno registra flussi più che doppi rispetto a 7 giorni fa; nell’Ombrone sta transitando oltre il 200% d’acqua in più.

E’ stata una settimana difficile anche nelle Marche e principalmente nelle province di Pesaro Urbino ed Ancona, dove è esondato il torrente Troscione; tutti in crescita gli altri corsi d’acqua.

In Umbria, nonostante le piogge (intorno al bacino sono caduti mm. 20 in 48 ore) non si registrano ulteriori incrementi di livello nel lago Trasimeno; crescono, ma in maniera meno consistente rispetto alle regioni confinanti, le altezze idrometriche dei fiumi Chiascio, Topino e Paglia.

Nel Lazio, dopo un lunghissimo periodo di costante decrescita, salgono di 7 centimetri, grazie a cumulate di pioggia fino a 72 millimetri in 48 ore, i livelli del lago di Nemi, così come le portate dei fiumi della regione.

In Campania è la penisola sorrentina, il territorio maggiormente interessato dagli eventi estremi di questi giorni: sulla zona si sono abbattuti nubifragi di forte entità con cumulate di pioggia, superiori a mm. 100.

Sorprendentemente, nonostante le forti piogge, nel Mezzogiorno non si registrano incrementi nei volumi idrici trattenuti dalle dighe, ma addirittura si assiste ad un costante svuotamento dei bacini artificiali.

“E’ la conferma della grande sete delle campagne, cui piogge violente e concentrate danno solo minima risposta, creando però grandi rischi per l’equilibrio idrogeologico dei territori” evidenzia Massimo Gargano, direttore generale di Anbi.

Negli invasi della Basilicata, la decrescita idrica è quantificabile in 8 milioni di metri cubi in una sola settimana: l’invaso di monte Cotugno, ad esempio, nonostante oltre 150 millimetri di pioggia in due giorni, è sceso di ulteriori 800.000 metri cubi nella disponibilità d’acqua.

In Puglia, la decrescita dei volumi invasati è stata di “soli” 900.000 metri cubi; nei bacini della Capitanata rimangono ora solamente 38,77 milioni di metri cubi.

In Calabria crescono le portate dei fiumi, mentre gli invasi, nonostante la tanta pioggia caduta, registrano incredibilmente volumi inferiori a quelli di agosto: il bacino di Farneto del Principe ha 5 milioni di metri cubi d’ acqua in meno, monte Marello -2 milioni, Tarsia –1 milione. Impressionano per converso i dati pluviometrici, provenienti dalla zona di Lamezia Terme, dove i 410,4 millimetri di pioggia caduti in 24 ore su Maida o i mm. 339,2  su Cortale sono stati causa delle esondazioni dei fiumi Amato (la portata è cresciuta in poche ore  da mc/s 30 ad oltre mc/s 121) e Cortale, provocando danni alle infrastrutture stradali e mettendo a rischio la vita delle persone; per questo sono state attivate squadre per far fronte alle emergenze. In provincia di Reggio Calabria, cumulate di pioggia superiori a mm. 250 (su San Luca, ad esempio) hanno fatto tracimare il torrente Bonamico.

Come la prospicente Calabria, anche l’assetata Sicilia ha visto cadere, su alcune zone, più acqua di quanta ne sia piovuta da inizio anno: alle pendici del vulcano Etna (a Nunziata in sole 6 ore e mezza si sono riversati al suolo mm. 275; a Piedimonte Etneo, mm. 388 in 9 ore e mezza; a Linguaglossa, mm. 379) così come in altre zone della Sicilia Orientale, dove le cumulate di pioggia di poche ore hanno superato i 150 millimetri (Siracusa  mm.165,4; San Pietro Niceto, mm.189,2; Fiumedinisi, mm.28 ) ed Occidentale, dove sono bastati 75 millimetri di pioggia in un giorno per far tracimare il torrente Salso, inondando Licata. Sarà interessante verificare quanto queste piogge abbiano inciso sulla ricarica dei bacini, che in larga parte stavano esaurendo le riserve idriche e che, secondo le previsioni, tra circa 3 mesi sarebbero rimasti vuoti.

FONTE: UFFICIO STAMPA ANBI NAZIONALE