Lago Maggiore, +121 centimetri; lago Trasimeno, -147 centimetri sullo zero idrometrico, cioè oltre 2 metri e mezzo di differenza: è questa una delle fotografie più chiare della condizione idrica dell’Italia, dove l’emergenza (ultima in ordine di tempo è stata la Regione Sardegna a chiedere il riconoscimento dello stato di calamità naturale) sta sempre più allargandosi dal Sud al Centro del Paese dopo mesi di piogge assolutamente insufficienti e di temperature fuori dalla norma (al di sotto delle Alpi le colonnine di mercurio restano stabilmente superiori ai 30 gradi, valore che si registra ormai da settimane lungo le coste di un mar Mediterraneo sempre più “caraibico”).

Ad evidenziarlo sono i dati del settimanale report dell’osservatorio Anbi sulle risorse idriche.

Se nell’Abruzzo dei 14 fiumi si è alle prese con turnazioni ed interruzioni nelle erogazioni d’acqua a causa di un deficit idrico senza precedenti (non solo le portate in alveo continuano a decrescere, ma anche i getti delle sorgenti aquilane del Gran Sasso sono ai minimi dal 2017 e la situazione più difficile si registra nella provincia di Chieti), è ora il Lazio ad entrare in allarme rosso.

Sulla provincia di Roma il bilancio nell’anno idrologico è il peggiore da un quarto di secolo, così come lungo la dorsale appenninica, sede di quegli acquiferi che forniscono in larga parte acqua alla Capitale: le loro portate sono fortemente sotto media (quella del Peschiera è inferiore a quelle registrate nelle recenti annate siccitose dello scorso decennio. Fonte: Acea Ato 2) ed anche se fino ad ora non è stato necessario intervenire sulle erogazioni, il rischio che il perdurare del clima arido possa avere ripercussioni anche sulla distribuzione d’acqua ad uso potabile  non è più una lontana ipotesi.

“Dopo l’emergenza di pochi anni fa, Roma si è attrezzata per rispondere alle esigenze idriche umane, articolando le fonti di approvvigionamento. Ciò che è meno percepito, però, è che la Capitale sia il più grande comune agricolo d’Europa con tutte le implicazioni anche irrigue che questo comporta per l’economia della città, senza considerare il rischio incendi in ambienti estremamente inariditi”, ricorda Massimo Gargano, direttore generale dell’associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi).

Questa settimana la regione vede l’ulteriore decrescita dei livelli del lago di Nemi (-cm.4) e delle portate dei fiumi Fiora e Velino; a Roma il Tevere si mantiene stabilmente sotto gli 80 metri cubi al secondo contro una media di oltre mc/s 130, favorendo l’intrusione salina alla foce con il pericolo di condizionare i prelievi irrigui in una zona a forte propensione agricola. Sulla provincia di Frosinone le precipitazioni medie nell’anno idrologico sono state addirittura inferiori al siccitosissimo 2017  negli scorsi mesi di giugno, aprile, gennaio, ma anche ad ottobre e settembre 2023 con la conseguenza che quasi la metà delle principali fonti di approvvigionamento sono in crisi idrica.

Anche l’Umbria non è immune dalle ripercussioni della difficile situazione climatica: a giugno  le precipitazioni sono state inferiori del 36% alla media dopo il -40% dello scorso inverno. Questa situazione sta avendo ripercussioni sullo stato delle acque sotterranee e delle portate delle sorgenti, tutte ampiamente inferiori alle medie storiche, ma anche sui corpi idrici di superficie ad iniziare dal lago Trasimeno, che attualmente registra un livello idrometrico tra i più bassi da oltre 55 anni con la prospettiva che entro settembre eguagli il record negativo di -m.1,70 del 1968: una situazione gravissima per un bacino lacustre, la cui altezza media è di soli 4 metri! Restano stabili i livelli dei fiumi Chiascio, Topino e Paglia, mentre nel bacino della diga di Maroggia è ancora disponibile il 59% dei volumi idrici, invasati per l’irrigazione.

Nelle Marche cresce il livello idrometrico del fiume Potenza, che resta comunque nettamente inferiore agli scorsi anni (-cm. 21 sul 2023); continuano a calare invece Esino e Tronto, ora ai minimi nel recente quinquennio. Sulla regione il deficit di precipitazioni da inizio 2024 si attesta intorno al 22%, ma a giugno, sulle zone di pianura, la pioggia si è pressoché dimezzata rispetto alla media storica; è severità idrica alta nei territori meridionali della regione, mentre gli invasi trattengono ancora 46,74 milioni di metri cubi d’acqua.

In Toscana i flussi dei principali fiumi continuano ad essere in calo: Arno e Serchio tornano sotto le medie del periodo e l’Ombrone anche al di sotto del deflusso minimo vitale (dmv).

E’ dramma idrico scendendo nel Sud Italia.

In Sicilia prosegue il conto alla rovescia verso l’esaurimento delle disponibilità idriche: dai dati più recenti si evince che la residua riserva d’acqua stoccata nei bacini artificiali si sia ridotta, in soli 7 giorni, di quasi 6 milioni di metri cubi, nonostante le interruzioni nelle erogazioni per l’agricoltura ed i razionamenti potabili per circa il 40% della popolazione siciliana.

In Puglia, ulteriori 14 milioni di metri cubi d’acqua sono stati rilasciati dagli invasi foggiani in una settimana (restano mln.mc. 80,66) e la diga di Occhito si avvia ad esaurire entro un paio di settimane la poca acqua ancora realmente utilizzabile all’interno del bacino.

In Basilicata, la disponibilità idrica nei bacini è calata di 6 milioni di metri cubi in una settimana ed il deficit sul 2023 è ora del 47%.

In Campania, l’invaso irpino di Conza trattiene attualmente il 58% dell’acqua invasabile, mentre è dimezzata, rispetto all’anno scorso, la disponibilità idrica nelle dighe del Cilento.

“E’ evidente che non sono le seppur doverose dichiarazioni di stato d’emergenza a poter dare concreta risposta alla critica situazione, che sta colpendo sempre maggiori comunità del Paese. E’ in questo momento che appare evidente la necessità di politiche di prevenzione, che costerebbero abbondantemente meno dei danni, che stiamo subendo: servono un piano nazionale di efficientamento della rete idraulica esistente e nuove infrastrutture per aumentare la resilienza dei territori” ricorda Francesco Vincenzi, presidente di Anbi.

Seppur siano in calo le altezze idrometriche di tutti i fiumi, permane diametralmente opposta la condizione idrica nel Nord Italia.

Accade così in Liguria, ma anche l’Emilia-Romagna vede aumentare il deficit di portata della quasi totalità dei fiumi appenninici; a soffrirne maggiormente sono i bacini fluviali sud-occidentali, già provati dai molti mesi di carenza pluviale: fatta eccezione per l’Enza, tutti i corsi d’acqua sono scesi al di sotto delle medie del periodo con il Reno addirittura sotto i minimi storici.

I grandi laghi del Nord Italia continuano a godere di ottima salute, beneficiando delle piogge che ancora bagnano il bacino padano e dello scioglimento delle ultime nevi in quota: Maggiore è al 98,3% di riempimento, Lario al 70,6%, Benaco all’86,4%, Sebino al 93,6%.

In Valle d’Aosta la Dora Baltea, nonostante la decrescita registrata questa settimana, mantiene una portata quasi doppia rispetto alla media mensile; in calo anche il livello del torrente Lys.

In Piemonte la riduzione generalizzata dei flussi nei principali corsi d’acqua non è stata comunque tale da far scendere i valori al di sotto di quelli normali nel mese di luglio; fa eccezione il Tanaro, la cui portata si attesta a mc/s 15,8 contro mc/s 42 della media mensile.

In Lombardia le riserve idriche, con un volume pari a 2300 milioni di metri cubi, sono superiori del 34,5% alla norma.

Nonostante in larga parte decrescenti, i livelli dei fiumi in Veneto si mantengono superiori alla media:  la portata in Adige, il principale bacino della regione,  è maggiore dell’11% sulla media.

Infine, nella scorsa settimana c’è da registrare una netta riduzione dei flussi anche in alveo del fiume Po: lungo tutta l’asta, la portata è scesa sotto la media del periodo e nel Mantovano il deficit si attesta a -18%.

FONTE: UFFICIO STAMPA ANBI NAZIONALE