Come già i mesi precedenti anche Marzo 2024 si preannuncia il più caldo di sempre: a prevederlo è l’osservatorio Anbi sulle risorse idriche, elaborando i dati del sistema Copernicus, che indica anche come la temperatura dei mari sia da quasi un anno ampiamente superiore a qualsiasi misurazione da 45 anni ad oggi (attualmente è di 21,07 gradi, cioè 0,53° più della media e 0,15° in più rispetto al precedente record del periodo, registrato nel 2016), avendo l’epicentro del calore mediterraneo (oltre che nel mar Nero) nell’Alto Adriatico, dove l’incremento varia fra i 2 ed i 3 gradi, ma soprattutto dove i litorali sono fragili ed insiste Venezia, l’ecosistema urbano più delicato al mondo.

“L’elevarsi della temperatura marina aumenta il rischio di fenomeni estremi come gli uragani che, insieme all’alzarsi del livello delle acque, saranno il pericolo, con cui fare i conti per salvaguardare i territori costieri, adeguando difese a mare e sistemi idraulici. I consorzi di bonifica stanno già progettando in questa prospettiva” annuncia Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi).

“Non solo – aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – a rischio ci sono i delicati equilibri marini e lagunari come dimostra l’invasione dei granchi blu. Sul tappeto, ormai, non solo deve esserci il tema della prevenzione, ma quello della complessità delle soluzioni, da cui deriva anche l’ormai indispensabile multifunzionalità nella progettazione delle opere idrauliche”.

Intanto un’ondata di maltempo sta attraversando la Penisola, ma difficilmente queste piogge, seppur utilissime, riusciranno a riequilibrare i bilanci idrici in zone dell’Italia meridionale e delle isole maggiori, in sofferenza da mesi: in Sicilia, ad esempio, cumulate “a due cifre” in 48 ore si sono registrate solamente sul Nord-Est (il massimo a Linguaglossa Etna Nord con mm. 23), mentre sulle province occidentali sono caduti mediamente solo 4 millimetri d’acqua; analogamente in Sardegna cumulate superiori ai 30 millimetri si sono verificate solo localmente sulla costa orientale.

Completamente diversa è la condizione dell’Italia settentrionale, dove “piove sul bagnato” e le perturbazioni, che sulle Alpi si stanno traducendo in nuove ed abbondanti nevicate, trovano riserve idriche sovrabbondanti, nonché bacini già al colmo di piena, aumentando il rischio idrogeologico.

Al Nord, infatti, i livelli dei grandi laghi sono ai massimi (il Sebino è ben 5 centimetri e mezzo sopra il finora massimo storico, Maggiore e Benaco esondano nei punti più bassi), contenuti solo dai rilasci gestiti dagli enti regolatori.

In Valle d’Aosta, la portata della Dora Baltea è in calo, ma il manto nevoso è nettamente superiore alla norma e quantificabile (indice Swe – Snow Water Equivalenti) in 1300 milioni di metri cubi.

In Piemonte crescono i flussi nella Stura di Lanzo ed in quella di Demonte e, pur calando, quelli nella Toce restano a +57,5% sulla media.

In Lombardia stessa situazione si registra per il fiume Adda, il cui alveo vede transitare molta più acqua (193 metri cubi al secondo) rispetto agli anni scorsi. Nella regione, come in tutta l’Italia settentrionale, lo stato delle riserve idriche (+28,5% sulla media) conforta sui mesi a venire.

Anche in Veneto, dove questa settimana l’andamento delle portate dei fiumi è in larga parte negativo (solo Piave e Cordevole sono in crescita), i flussi continuano ad essere abbondanti per il periodo: Adige +70%, Brenta +79%, Livenza oltre 3 volte sulla media.

Come spesso si registra, diversa è la condizione idrologica dell’Emilia-Romagna, dove (ad eccezione della crescita del Reno, la cui portata però è appena al 24% della media) i livelli dei fiumi appenninici sono in calo: Enza e Santerno registrano addirittura valori inferiori ai minimi storici.

Pure il fiume Po è interessato da una riduzione di portata lungo tutta l’asta, ma resta ovunque abbondantemente sopra le medie del periodo: a Pontelagoscuro scorre il 25% d’acqua in più.

In Liguria le recenti, abbondanti piogge (cumulate fino a mm. 100 sul Ponente, quasi ovunque tra i 50 e gli 80 millimetri, fatta eccezione sull’estremo Levante con precipitazioni tra i 20 ed i 30 millimetri) hanno rimpinguato le portate di corsi d’acqua in decrescita.

In Toscana piove molto, soprattutto sulle zone settentrionali, in continuità con il “trend” delle scorse settimane (quasi 400 millimetri in 30 giorni su alcune zone).

Nelle Marche le performance dei fiumi restano insufficienti, soprattutto quelle del Tronto, che attraversa il territorio più penalizzato dalla carenza di precipitazioni; determinante per i mesi a venire si annuncia il ruolo degli invasi, che continuano a trattenere abbondanti risorse per la stagione irrigua (oltre 51 milioni di metri cubi).

In Umbria i livelli dei fiumi subiscono una leggera decrescita e, ad eccezione del Chiascio, restano al di sotto dei valori medi del periodo. Il lago Trasimeno è ben 88 centimetri più basso del livello medio.

Nel Lazio le piogge dei giorni scorsi sono state consistenti ed utili a rivitalizzare corpi idrici, che dall’inizio dell’anno evidenziano segni di crisi a cominciare dal fiume Tevere, la cui portata è inferiore anche a quelle dei recenti anni siccitosi e dai laghi vulcanici, che soffrono enormemente (il livello del piccolo lago di Nemi è calato di ben 1,11 metri d’acqua in 2 anni).

Scendono vistosamente anche i livelli dei fiumi campani: spiccano le performance negative di Volturno (al rilevamento di Amorosi scende di quasi un metro in una settimana) e Garigliano, la cui decrescita tocca i 114 centimetri in 7 giorni.

In Calabria i corsi d’acqua sono in sofferenza: Coscile al 42% della portata media del periodo, Lao al 36% ed Ancinale, che in questa stagione dovrebbe avere un flusso pari ad oltre 6 metri cubi al secondo ed invece è quasi asciutto come fosse estate.

Nuovi apporti pluviali (+5 milioni di metri cubi) rimpinguano gli invasi della Basilicata, ma il deficit sul 2023 appare incolmabile (- mln.mc. 100,8) anche perché l’assenza di neve sui monti impedirà i consueti afflussi generati dalla primaverile fusione della coltre bianca.

Identica è la situazione della Puglia, dove il disavanzo delle riserve stoccate nei bacini artificiali sale ad oltre 103 milioni di metri cubi.

“Si conferma la condizione di un’Italia dell’acqua, spaccata a metà: il Nord a rischio idrogeologico, il Sud in sofferenza idrica e già con risorse localmente razionate ed autobotti in azione. Sono le due facce di una stessa medaglia, che abbisogna di medesime ricette: efficientamento della rete idraulica, nuove infrastrutture per la raccolta e la gestione delle acque, innovazione ed ottimizzazione d’uso della risorsa, diffusa cultura idrica” conclude Massimo Gargano, dg di Anbi.

FONTE: UFFICIO STAMPA ANBI NAZIONALE