La strada verso un consorzio di bonifica ancora più efficiente e vicino alle esigenze del cittadino è stata imboccata dalla Toscana il 27 dicembre 2012. Ormai più di dieci anni fa: con la legge regionale numero 79/2012 veniva istituita una nuova disciplina in materia di consorzi di bonifica, successivamente integrata con le leggi regionali 80 del 2015 e 70 del 2018. Chi alla stesura di quella legge ha contribuito, partecipando poi al dibattito per le successive modifiche, oggi è alla guida del Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud, con il ruolo di direttore generale: Fabio Zappalorti, architetto di 60 anni, ha una lunga esperienza dirigenziale negli enti pubblici, nei settori ambiente e lavori pubblici. Prima nei Comuni di, Scarlino e Castiglione della Pescaia poi in Regione Toscana: per dieci anni è stato capo di gabinetto dell’assessore all’ambiente ed energia, Anna Rita Bramerini. Zappalorti dal 2015 è direttore generale di Cb6, un incarico assunto – come prescrive la norma – su proposta del presidente del Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud, Fabio Bellacchi, d’intesa con l’allora presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. L’anno successivo ha poi assunto lo stesso incarico anche ad Anbi Toscana. Anbi è l’associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue che in Toscana, come nel resto d’Italia, unisce, rappresenta e coordina il lavoro dei consorzi di bonifica. Il direttore generale è stato poi confermato nei due incarichi per un secondo mandato.
Direttore Zappalorti, quali erano le finalità della legge 79?
“Fino alla riforma i consorzi tendevano a ragionare da aziende private. La volontà del legislatore è stata quella di incanalare la loro gestione nell’alveo di un ente pubblico. Fare questo significava non solo organizzare in maniera diversa il lavoro, ma soprattutto garantire trasparenza ai cittadini e programmazione delle attività”.
Ritiene che quell’obiettivo sia stato raggiunto?
“Perfettamente raggiunto. Non soltanto dal Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud, ma da tutti i consorzi della Toscana. La razionalizzazione è stata efficace: prima c’erano 27 enti a gestire la bonifica in Toscana, adesso soltanto sei. Una scelta ponderata”.
Aver accorpato le Asl è visto spesso come un indebolimento della sanità territoriale, perché per i consorzi vale il contrario?
“Perché mentre l’accorpamento della sanità si basa su elementi di tipo amministrativo, quello dei consorzi su confini fisici, ovvero i bacini idrografici. Che il bacino idrografico del fiume Ombrone sia tutto nel perimetro di intervento di Cb6 permette una gestione più efficace del corso d’acqua. E perché quella legge ha voluto uniformare e accorpare gli enti per garantire, anche attraverso economie di scala, un livello minimo omogeno di manutenzione a tutta la Toscana. Mi faccia poi aggiungere un aspetto chiave”.
Prego.
“Quella legge è stata davvero innovativa e direi quasi visionaria, perché ha capito quanto fosse fondamentale tenere in ordine il reticolo idrografico assegnando ai consorzi la manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua in gestione. Per quanto siano importanti le opere idrauliche da progettare e realizzare, prendersi cura del reticolo lo è altrettanto e la Toscana lo ha capito prima di tutti. E altre regioni, a distanza di anni, stanno seguendo quell’esempio”.
Di cosa si occupavano i consorzi di bonifica fino al 2012?
“I consorzi nascono e si sviluppano come enti che gestiscono l’irrigazione e il reticolo di bonifica, ovvero i canali costruiti per bonificare il territorio. In Maremma possiamo fare gli esempi dei canali e delle idrovore della piana capalbiese o di Barbaruta. La legge 79 ha cambiato quell’impostazione consegnando ai consorzi un compito davvero fondamentale: ecco perché è stata ampliata la contribuzione, un tributo che tutti i cittadini proprietari pagano per finanziare la manutenzione ordinaria”.
Chi si occupa della manutenzione ordinaria fuori dalla Toscana?
“Altri enti come le Regioni o le Province. Il fatto che ci siano i consorzi ad occuparsi in via esclusiva di questo, ovviamente con il coordinamento della Regione, rappresenta sicuramente un valore aggiunto in termini di sicurezza per i cittadini toscani”.
Dalla manutenzione ai progetti. Perché in questa fase storica di manifestazioni meteo estreme in cui per tutti è necessario fare i lavori, è così difficile vederli iniziare?
“Tutti sappiamo che eseguire un’opera pubblica in Italia è complesso, perché ci sono tante leggi, procedure laboriose, competenze di enti diversi che s’intrecciano. E tutti sappiamo anche che sarebbe utile snellire queste procedure. Io ritengo però che pensare a uno snellimento delle procedure svincolando il concetto di responsabilità non sia pensabile”.
Detto in altre parole: la procedura può essere snellita, ma alla fine serve sempre una persona che si prenda la responsabilità di firmare quell’atto.
“Esattamente”.
Qual è la soluzione?
“Che le procedure si possono invece facilitare. Se, ad esempio, per completare una valutazione d’impatto ambientale oggi servono 360 giorni, accorciare le tempistiche attraverso una maggiore collaborazione tra enti potrebbe aiutare. Credo che un maggiore impegno di tutte le Istituzioni possa risolvere molto”.
Non sempre è facile eseguire gli interventi, sia per i limiti previsti dalla legge che per il rapporto con il mondo dell’associazionismo ambientalista.
“Ritengo che dovrebbe esserci maggiore sensibilità. Una buona manutenzione è possibile e auspicabile nell’interesse di tutti, anche nelle aree protette, garantendo la tutela della biodiversità”.
Parliamo dei tanti progetti in corso per Cb6.
“Stiamo cercando di portare avanti un piano di opere che abbiano come obiettivo la difesa del suolo, il sostegno all’irrigazione e la tutela dell’ambiente”.
Quali opere ritiene più strategiche?
“Tutti gli interventi sono importanti, ma è chiaro che gli invasi sul Gretano, sul Lanzo e di San Piero in Campo saranno ancora più preziosi per il futuro del nostro territorio. Permetteranno di regolare le piene, di accumulare acqua per fini irrigui e idropotabile e, aspetto altrettanto importante, garantire il deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua in tempi di siccità, che ci aspettiamo essere sempre più gravi e prolungati. E questo è un messaggio che mi sento di lanciare anche al mondo ambientalista”.
E’ una sfida per tutti.
“Non esistono interventi senza impatto sull’ambiente. Ma è cosa saggia soppesare anche i servizi ecosistemici futuri. Che l’acqua vada usata nel modo migliore possibile e che non possano esserci più sprechi è scontato. Ma quando questo non basta gli invasi possono aiutare, come possono aiutare anche gli interventi di ricarica delle falde”.
Le resta un anno e mezzo di lavoro al Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud. Che ente vorrebbe lasciare?
“Sono soddisfatto del lavoro che tutti insieme stiamo portando avanti. In questo senso vorrei ringraziare il presidente Bellacchi , tutti gli amministratori del Cb6 con i quali si è costruita una visione comune e tutti i dipendenti, sempre disponibili, con una grandissima professionalità e un raro attaccamento al lavoro. Se guardo al 2025 immagino un consorzio ancora più strutturato, motivato, trasparente e nel quale ogni singolo operaio o impiegato sappia esattamente qual è il suo ruolo e come comportarsi per offrire un servizio migliore ai cittadini”.