“L’analisi delle situazioni di crisi idrica nel Paese dimostra come i tanto citati dissalatori possano essere una soluzione per emergenze localizzate, non certo risolutivi per un fattore esteso quale la siccità penalizzante l’agricoltura e l’ambiente in un territorio come quello italiano. Non solo: va sempre ricordato che l’altrettanto citato Israele, con il quale i nostri Consorzi di bonifica mantengono costanti rapporti di reciproca collaborazione, ha trasformato il deserto in area verde; noi, invece, il giardino lo abbiamo ed il nostro compito è mantenerlo. Non mi pare proprio la stessa cosa…”.

Entra con determinazione Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi), sul tema del giorno e, per far comprendere i contorni assunti dalla siccità nell’ “Italia idricamente rovesciata”, cita un dato del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), che indica come, in 24 mesi, cioè da Febbraio 2021, ben il 38% delle aree agricole irrigue sia stato interessato da siccità severa-estrema.

“E’ pensabile risolvere il problema, dissalando l’acqua del mare? I costi metterebbero fuori mercato il made in Italy agroalimentare – aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – Insieme all’efficientamento della rete idraulica ed all’ottimizzazione dell’utilizzo irriguo, non è più logico creare le condizioni per  trattenere e trasferire le acque di pioggia, migliorando al contempo l’ambiente attraverso una rete di laghetti multifunzionali ad iniziare dal riutilizzo delle migliaia di cave abbandonate?”.

Il settimanale report dell’osservatorio Anbi sulle risorse idriche, pur di fronte ad un contesto leggermente migliorato, certifica una verità: l’Italia non ha più grandi fiumi. Resta largamente insufficiente, infatti, la portata del Po che, pur godendo di un leggero incremento nel tratto iniziale, permane abbondantemente sotto il minimo storico mensile nel tratto lombardo-emiliano, toccando, nel rilevamento finale a Pontelagoscuro, la portata di 604,23 mc/s, inferiore di ben il 14% rispetto ai valori minimi del periodo.

In Veneto, l’Adige scende al di sotto dei -4 metri sullo zero idrometrico: non era mai successo dal 2015! Ai livelli più bassi del recente passato è anche la Livenza, mentre cala la Piave e restano sostanzialmente stabili Bacchiglione e Brenta. Scarse permangono le precipitazioni, certamente insufficienti a risolvere una situazione di grave crisi idrica; sulle Dolomiti, l’altezza media del manto nevoso si attesta sui 40 centimetri (fonte: Arpav).

Inarrestabile in Lombardia è il tracollo dell’Adda, le cui portate rimangono addirittura inferiori a quelle dell’anno scorso; sono in calo anche gli altri fiumi della regione, dove le riserve idriche erano inferiori sia alla media storica (-61%!) che al siccitoso 2022 (-11%).

Nonostante i deflussi ridotti al minimo, il lago di Garda (riempimento: 37,9%) resta in grave crisi: da settimane staziona vicino al minimo storico. I restanti bacini lacustri del Nord Italia registrano innalzamenti di livello con il Lario (riempimento: 21,2%) che ormai sfiora la media, sotto la quale invece restano Verbano (riempimento: 45,4%) e Sebino (riempimento: 17,9%).

In Valle d’Aosta è tornata finalmente a vedersi un po’ di neve: sui rilievi occidentali, l’altezza media del manto nevoso, sale di quasi mezzo metro (da cm. 56 a cm. 99); lungo la fascia centrale, si passa da cm. 44 a cm. 67; in quella orientale, l’aumento è stato di circa 60 centimetri (da cm, 52 a cm. 111). Grazie a precipitazioni significative (mm. 63 a Nus), aumentano le portate del fiume Dora Baltea e del torrente Lys.

Restano invece scarse le precipitazioni nel confinante Piemonte (solo una ventina di millimetri nel novarese); ciò nonostante i fiumi Pesio, Tanaro e Stura di Demonte segnano una leggera crescita, mentre restano stabili Stura di Lanzo ed Orco (fonte: Arpa Piemonte).

In Liguria, importanti fenomeni piovosi si sono registrati nell’entroterra genovese, dove sono caduti fino a circa 70 millimetri di pioggia; sul Ponente della regione, le precipitazioni sono state quasi nulle, mentre hanno raggiunto la ventina di millimetri sul Levante. I livelli dei fiumi Entella e Vara crescono di quasi mezzo metro, mentre restano sotto media Magra ed Argentina.

In Friuli Venezia Giulia si alzano i livelli dei fiumi Cellina (restano però inferiori a quelli del 2022) e Tagliamento, nonché del torrente Cornappo. Sui rilievi ha ripreso a depositarsi un po’ di neve, principalmente nella zona Nordoccidentale della regione (Alpi e Prealpi Carniche) dopo un Febbraio senza pioggia e con le nevicate più scarse da 50 anni (fonte: Protezione Civile Regione Friuli Venezia Giulia).

In Romagna, dopo i forti apporti pluviali della settimana scorsa, tornano sotto media i fiumi Savio e Lamone, che però si mantengono sopra i livelli del recente quadriennio; crescono la Trebbia ed il Reno, la cui portata è inferiore di quasi il 57% alla media, ma superiore di oltre il 400% rispetto a quella del 2022. Calano, invece, i livelli dei fiumi dell’Emilia Centrale, quali Enza e Secchia (fonte: Arpae).

Sono in calo anche i livelli dei corsi d’acqua del Centro Italia, dove non si sono registrati significativi eventi meteo.

In Toscana diminuiscono le portate dei fiumi Serchio, Arno, Sieve ed Ombrone; nelle Marche, quelle di Esino, Sentino e Potenza mentre, grazie allo scioglimento delle nevi, aumentano i volumi d’acqua trattenuti dalle dighe: oggi sono superiori di oltre 4 milioni di metri cubi a quanti ve ne fossero l’anno scorso.

In Umbria, l’altezza del lago Trasimeno continua ad essere inferiore alla media (-73 centimetri) e si abbassa di quasi 40 centimetri, il livello del fiume Tevere, che decresce anche nel Lazio, dove invece restano sostanzialmente stabili i livelli degli altri corpi idrici.

In Abruzzo, a Febbraio, si sono registrati deficit pluviometrici, più marcati sulla provincia teatina (-63% a Celenza). La media delle temperature massime ha toccato +4,6 gradi a Sulmona, mentre a Campo Imperatore restano 58 centimetri di manto nevoso, altresì praticamente scomparso nel vicino Molise, dove cala la portata iniziale del fiume Volturno, i cui livelli restano però superiori a quelli dell’anno scorso nel tratto in Campania, così come quelli di Liri- Garigliano e Sele.

Dopo gli exploit delle scorse settimane calano le disponibilità idriche nei bacini di Basilicata (-1.700.000 metri cubi) e Puglia (-5 milioni ca.).

Tende infine a migliorare la condizione idrica in Calabria, dove il mese di marzo si sta mostrando particolarmente umido nella provincia di Reggio Calabria dove, da inizio mese, i giorni piovosi sono stati una decina, arrivando a registrare cumulate fino a 140 millimetri; anche nel cosentino tirrenico sono stati numerosi i giorni piovosi, ma con precipitazioni inferiori a quelle reggine.

FONTE: UFFICIO STAMPA ANBI NAZIONALE