Parlare di spreco alimentare significa anche parlare di spreco d’acqua e parlare di spreco idrico significa parlare di risorsa usata male, ma anche di risorsa disponibile e non utilizzata: a ricordarlo, in occasione della giornata nazionale di prevenzione contro lo spreco alimentare, è stata l’associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi), evidenziando come, a causa della crisi climatica, la disponibilità d’acqua sia ormai determinante per qualsiasi tipo di coltura nell’area mediterranea.

In Italia, una costante ricerca applicata e l’innovazione tecnologica sono riuscite progressivamente a contenere i fabbisogni d’acqua in agricoltura, limitandoli ormai a circa il 50% delle disponibilità idriche del Paese; non altrettanto può dirsi per altri settori: dalle reti duali scomparse nelle programmazioni urbanistiche (si continuano ad annaffiare giardini e lavare automobili con acqua potabile) al ridottissimo utilizzo di acque reflue, a causa dell’inadeguatezza della rete di depuratori, senza considerare le quote idriche, utilizzate in inquinanti processi industriali o per il raffreddamento di grandi data center oppure perdute per l’eccessiva cementificazione.

“Di fronte a questa complessa realtà – dichiara Francesco Vincenzi, presidente di Anbi – è da considerarsi spreco anche il lasciare scorrere inutilizzato l’89% dei 300 miliardi di metri cubi d’acqua, che annualmente piovono sul Paese, seppur con modalità assai diverse: più concentrate e più violente nel tempo e nello spazio, aumentando così anche il rischio idrogeologico. Se in Italia la percentuale d’acqua piovana trattenuta sul territorio è pari all’11%, in un Paese simile per condizioni climatiche, come la Spagna, supera il 30%”.

Dotare il territorio di multifunzionali infrastrutture idriche, come laghetti e bacini di espansione, ottimizzando al contempo l’esistente – aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – deve essere un obbiettivo primario per incrementare la resilienza dei territori, aumentando l’autosufficienza alimentare, producendo energia rinnovabile e dando valore ai benefici ecosistemici, garantiti da un’oculata gestione dell’acqua. Non conservarla per i momenti di bisogno soprattutto in anni di perdurante siccità, pregiudica innanzitutto l’agricoltura, che produce cibo e garantisce ambiente, limitando anche le prospettive occupazionali dei giovani in un settore vitale. Senza acqua, cibo ed aria – conclude il dg di Anbi – non c’è vita e va sempre ricordato”.

FONTE: UFFICIO STAMPA ANBI NAZIONALE