In assenza di significativi interventi per la difesa idrogeologica diminuisce velocemente  la capacità di  resilienza dei territori: lo dicono i dati analizzati dall’osservatorio Anbi sulle risorse idriche in merito all’ondata di forte maltempo, che ha colpito vaste zone del paese (Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Lazio, Campania, Sicilia) provocando notevoli danni, seppur con eventi inferiori a quelli, che lo scorso anno colpirono gli stessi territori, nello stesso periodo e con la medesima sequenza climatica: violenti nubifragi seguiti a forte aridità.

“Il ripetersi di eventi estremi con cadenza breve annulla qualsiasi casistica sui tempi di ritorno, accentuando l’inadeguatezza della rete di scolo. Dimostra inoltre l’urgenza di intervenire in prevenzione, non solo perché costa 7 volte meno che riparare i danni, ma perché le attuali difese, messe sotto pressione anno dopo anno, rischiano di collassare improvvisamente”, denuncia Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi).

“L’analisi dei dati – chiosa Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – indica che gli eventi estremi, nel 2021, sono finora aumentati del 31% su un territorio sempre più impermeabilizzato e che da 25 anni non vede significativi interventi per la salvaguardia idrogeologica”.

Lo stato delle risorse idriche è ora fortemente condizionato dagli andamenti pluviometrici dei giorni scorsi.

La situazione dei grandi laghi settentrionali rispecchia chiaramente l’evoluzione del maltempo: tutti con i livelli in crescita e, per una volta, tutti sopra la media del periodo. In particolare, il lago Maggiore, nel cui territorio si sono concentrati i fenomeni piovosi più copiosi (la stazione pluviometrica di Porto Valtravaglia, in provincia di Varese, ha registrato in una notte la caduta di 125 millimetri di pioggia), la percentuale di riempimento è aumentata di circa il 20% in un solo giorno, raggiungendo ora la soglia del 120,7%.

A Nord-Ovest, la Dora Baltea a Champdepraz triplica la portata (153,2 metri cubi al secondo contro una media ottobrina  di mc/sec 6,00!), grazie a 90 centimetri di pioggia caduti ad inizio ottobre, cioè tre volte quanto registrato il mese prima; idem per il fiume Po, il cui livello si è alzato di quasi 3 metri dopo un Settembre caratterizzato da un deficit di portata pari anche al 60% della media. Nello stesso mese, portate pressochè dimezzate anche per i fiumi piemontesi Stura di Lanzo, Sesia e Tanaro, oggi invece in rapida crescita; quest’ultimo bacino, ora area di violenti e dannosi nubifragi, arrivava da periodi di marcata riduzione pluviometrica (fino al 50%), che ne aveva inaridito il suolo, aumentando il rischio idrogeologico.

Impressionante è la curva di repentina  salita dei livelli in alcuni corsi d’acqua in Liguria, dove il maltempo ha provocato gravi danni ed esondazioni: i livelli di Orba e Bormida di Spigno si sono impennati di oltre 5 metri in poche ore (fonte: Arpa Liguria).

In Lombardia è più che raddoppiata la portata del fiume Adda e sono tornati a spaventare i livelli del Lambro (+ un metro e mezzo in 15 ore) e del Seveso cresciuto di 70 centimetri in 4 ore (fonte: Arpa Lombardia).

Crescono anche le portate dei fiumi veneti, largamente deficitarie però su quelle del 2020, mentre gli apporti idrici, dovuti all’ondata di maltempo, diminuiscono man mano che si discende la penisola.

In Emilia Romagna pare averne cospicuamente beneficiato solo il fiume Trebbia, fino ad ora in secca e che ha goduto di 33 millimetri di pioggia, che ne hanno fatto elevare la portata fino a 8,2 metri cubi al secondo; tutti i corsi d’acqua della regione restano comunque sotto la media mensile e gli invasi piacentini conservano riserve superiori solo al siccitoso 2017.

I fiumi toscani crescono in maniera diversa a seconda delle zone: il Serchio e l’Arno vedono un importante incremento di portata, superando abbondantemente la media del periodo, mentre la Sieve e soprattutto l’Ombrone, che da mesi ristagna sotto il Minimo Deflusso Vitale, registrano aumenti molto contenuti.

In attesa di significative precipitazioni, tornano, invece, a calare le portate dei fiumi marchigiani, ad iniziare dall’Esino, seppur Tronto e Nera siano in linea con gli anni scorsi; ad avere bisogno di forti apporti pluviali sono soprattutto le dighe della regione, che trattengono 26,17 milioni di metri cubi, cioè il peggior dato dal 2017.

Stessa aspettativa per l’Umbria, dove la diga del Maroggia segna la peggiore condizione del triennio.

Nel Lazio si registra un leggero incremento di portata per i fiumi del bacino del Liri, mentre cala il livello del lago di Bracciano.

Significativo è il deficit idrico, che si sta verificando alla diga del Liscione, in Molise, la cui attuale altezza idrometrica (108 metri sul livello del mare) è addirittura inferiore a quella del 2017 caratterizzato da forte siccità (m.109,30 slm).

In Campania, i fiumi Sele e Sarno appaiono stabili, mentre  calano Garigliano e Volturno; i volumi del lago di Conza della Campania e degli invasi del Cilento sono in ulteriore discesa.

Anche l’invaso salentino del Pappadai, in Puglia, ha registrato un settembre idricamente deficitario, così come il fiume Agri, in linea con le disponibilità idriche, trattenute nei bacini della regione e calate complessivamente di circa 5 milioni di metri cubi in una settimana, mentre in Basilicata sono scese di oltre 10 milioni di metri cubi e l’invaso Sant’Anna, in Calabria, trattiene 4,39 milioni di metri cubi, in linea con gli anni scorsi.