Di settimana in settimana sono le Marche a ben rappresentare il trend della crisi climatica in atto ance sull’Italia: a dirlo è l’analisi settimanale dell’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche. Dal 1° dicembre scorso, infatti, sono caduti sulla regione 102,1 millimetri di pioggia in meno (-22,95%) rispetto alla media storica, ma nel maggio di quest’anno  il deficit è salito al 36%, mentre in giugno ha raggiunto il 51%; l’indice spi (standardized precipitation index), registra le condizioni per una situazione di siccità estrema, cioè l’anticamera della desertificazione, in assenza di apporti idrici straordinari.

“E’ la dimostrazione dell’indispensabile valore ecosistemico, assunto dall’irrigazione in Italia e senza la quale non ci sarebbe agricoltura competitiva, ma neanche l’ambiente con tutte le sue valenze sociali ed economiche” chiosa Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione del territorio e delle acque irrigue (Anbi).

La provincia più in crisi è quella di Pesaro Urbino con il record di Fano, dove non piove da 3 mesi; a seguire c’è la provincia di Ancona (fonte: Assam servizio agrometeo regionale).Tutti i fiumi della regione  (Potenza, Esino, Tronto, Nera) hanno livelli inferiori agli anni scorsi ed il Sentino si avvicina al record negativo del 2007 (fonte: Centro Funzionale Protezione Civile Marche). Largamente in deficit sono anche gli invasi marchigiani, che contengono  42,35 milioni di metri cubi d’acqua su una capacità complessiva di Mmc. 65,32; chiarificatore dell’emergenza, che si sta delineando con l’incedere dell’estate, è il confronto con il siccitoso 2017, quando i bacini marchigiani trattenevano Mmc. 48,16, cioè quasi sei milioni di metri cubi in più (fonte: Cdb Marche).

Permane critica la situazione idrica in Emilia Romagna, dove crolla la portata del fiume Enza (mc/sec 0.9, sotto il minimo storico mensile) come in calo è il Trebbia, mentre restano costantemente sotto media anche i flussi di Savio, Secchia e  Reno. Il focus sulla Romagna segnala una costante diminuzione delle piogge rispetto all’anno scorso: da inizio d’anno, a Nord del Reno sono caduti  mm.  359.8 invece di mm. 440.7, mentre a Sud sono piovuti 407.3 millimetri contro i mm. 425.7 dello scorso anno.

In calo sono le portate del fiume Po, ridotte al 30% della media e scese ai livelli di metà luglio 2020 con il possibile prossimo passaggio allo “stato di magra ordinaria”; diminuiscono anche i flussi dei fiumi piemontesi (inferiori anche all’anno scorso), ad eccezione della Dora Baltea, che gode di eccezionali apporti idrici dal tratto valdostano, dove decresce invece il torrente Lys.

Resta buona, seppur calante, la condizione dei corsi d’acqua veneti, mentre in Lombardia continua a crescere il fiume Adda; si alzano i livelli dei laghi Maggiore (98,9% di riempimento), e Lario (ancora sotto media), il Garda (94,3% di riempimento) è costante mentre cala leggermente l’Iseo.

Sotto media mensile rimangono i fiumi della Toscana, ad eccezione del Serchio.

Calano i livelli anche di fiumi e laghi del Lazio, mentre il fiume Nera in Umbria ha registrato una condizione peggiore soltanto nel 2012 (fonte: Servizio Idrografico Regione Umbria).

In Campania il fiume Sele appare stabile, mentre il Sarno risulta in calo nel basso corso come  Garigliano e Volturno. In calo sono il lago di Conza  e gli invasi del Cilento.

In Basilicata la disponibilità idrica nei bacini cala di quasi  9 milioni di metri cubi, a causa delle forti richieste irrigue; il fiume Agri registra un  livello medio,  inferiore a quello dei due anni scorsi.

Cala di oltre 12 milioni di metri cubi, il volume d’acqua stoccato negli invasi di Puglia.

Infine, la Sicilia dove, in assenza di aggiornamento dei dati regionali, si nota come gli invasi plaermitani di Scanzano e Rosamarina siano rispettivamente al 38,83% ed al 39,68% della capacità; sotto il 30% scatta il regime di allerta idrica (fonte: Amap e Osservatorio Acque Sicilia).

“C’è un generalizzato calo delle disponibilità idriche, cui corrisponde un’aumentata richiesta dovuta all’anticipata ondata di gran caldo, che colpisce il Paese – osserva Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – A questa situazione si risponde con un’oculata gestione irrigua, cui deve corrispondere una generalizzata assunzione di responsabilità da parte di tutti. E’ in congiunture come questa che emerge la fondamentale funzione degli invasi capaci di creare riserva idrica; per questo è necessario aumentare la percentuale di pioggia trattenuta al suolo, grazie anche alla realizzazione di nuovi bacini medio-piccoli ad uso multifunzionale: nel nostro piano per l’efficientamento della rete idraulica ne abbiamo indicati 23, i cui progetti sono già cantierabili; si affiancano ai 90 serbatoi bisognosi di manutenzione straordinaria per eliminare l’interrimento, che ne limita abbondantemente la capacità ed ai 16, che devono essere completati. Tali interventi – conclude il dg di Anbi – garantirebbero quasi 10.000 posti di lavoro, grazie ad un investimento di circa 2 milioni di euro”.

FONTE: UFFICIO STAMPA ANBI NAZIONALE