“I dati dei nostri rilevamenti dimostrano, settimana dopo settimana, l’urgenza di infrastrutturare il territorio italiano, idricamente sempre più diversificato: non solo bisogna realizzare nuovi invasi ed efficientare quelli esistenti, ma è necessario creare le condizioni per trasferire risorse idriche fra zone vicine, anche superando i confini regionali”: Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela dei territori e delle acque irrigue, commenta così l’aggravarsi del trend costantemente segnalato dall’osservatorio Anbi sulle risorse idriche.

Ad essere in “zona rossa” sono le regioni meridionali dove, alla conclamata crisi idrica di Puglia (-77,18 milioni  di metri  cubi rispetto al 2019) e Basilicata (-35,97 milioni di metri cubi sull’anno scorso), si aggiunge la Sicilia su cui, in ottobre,  sono caduti solo 44,71 millimetri di pioggia (l’anno scorso erano stati 99.54 millimetri), accentuando la crisi delle disponibilità idriche, calate di oltre 42 milioni di metri cubi in un mese e registrando un deficit di quasi 86 milioni di metri cubi nel confronto con le riserve d’acqua, presenti lo scorso anno.

Nonostante le ancora confortanti riserve idriche trattenute nei bacini  (l’invaso di Sant’Anna sul fiume Tacito è al top del recente quadriennio), la carenza di piogge, molto accentuata nelle province di Catanzaro e Crotone, sta creando allarme fra gli agricoltori calabresi, preoccupati soprattutto per la situazione dei pascoli nelle aree interne.

Anche in Campania, la tendenza segnalata dagli idrometri è quella di una discesa dei livelli idrici nei fiumi per la mancanza di piogge recenti: i valori di Sele, Volturno e Garigliano sono inferiori rispetto alle medie dell’ultimo quadriennio. Per quanto riguarda gli invasi, la diga di Piano della Rocca, sul fiume Alento, è attestata a 6,6 milioni di metri cubi (26% della capacità), mentre l’invaso di Conza della Campania, sull’Ofanto, presenta un deficit consistente (quasi 6,4 milioni di metri cubi d’acqua) rispetto ad un anno fa.

Portate inferiori allo scorso anno anche per i fiumi laziali (Tevere, Liri-Garigliano, Sacco), mentre le altezze idrometriche dei bacini (Bracciano, Nemi, Elvella) sono in media; il bacino di Penne, in Abruzzo, registra invece i valori minimi (730.000 metri cubi) dal 2017.

Restando nell’Italia Centrale, va segnalato un ottobre particolarmente piovoso in Umbria (mm. 123,6; l’anno scorso erano stati 20,3 millimetri) e di cui ha goduto la diga Marroggia, i cui livelli sono raddoppiati rispetto all’anno scorso, trattenendo 2,54 milioni di metri cubi d’acqua, cioè la metà della capacità d’invaso. Non va altrettanto bene nelle Marche, le cui disponibilità idriche sono al minimo dal 2017, mentre continuano a segnare un dato positivo i bacini della Sardegna (complessivamente 1.066,38 milioni di metri cubi, una quantità inferiore solo al 2018 negli anni scorsi).

Risalendo la Penisola, sono tutti sotto media i fiumi dell’Emilia Romagna (Trebbia, Taro, Savio, Reno, Secchia), mentre resta confortante la disponibilità idrica dagli invasi piacentini (Mignano e Molato).

In calo e dimezzate rispetto allo scorso anno sono anche le portate del fiume Po, così come di molti corsi d’acqua piemontesi (Dora Baltea, Pesio, Stura di Lanzo,Tanaro).

Inferiori allo scorso anno, ma superiori alla media storica sono invece le portate dei fiumi veneti (Adige, Bacchiglione, Livenza, Piave, Brenta) con i bacini montani, che trattengono ancora oltre la metà del volume invasabile, grazie ad un ottobre, che ha registrato un +54% rispetto alla media delle precipitazioni.

Infine, i grandi laghi del Nord sono tutti abbondantemente sopra media con i livelli del lago Maggiore, che ormai lambiscono le zone più basse.

“La fotografia, che emerge dai nostri dati – commenta Massimo Gargano, direttore generale di Anbi– è quella di un Paese sempre più differenziato dal punto di vista idrico che, utilizzando una simbologia corrente, va dal verde del Veneto al rosso delle regioni meridionali a rischio di lockdown irriguo. Si è appena conclusa una stagione agricola idricamente difficile in Puglia, Basilicata e Sicilia; la speranza è che la stagione autunno-vernina porti le attese precipitazioni, evitando al contempo possibili conseguenze idrogeologiche su un terreno inaridito. Ad essere a rischio è il fiorente settore primario dell’Italia meridionale, messo in difficoltà da una crisi climatica, al cui incedere non corrisponde altrettanta velocità di risposte per incrementare la resilienza dei territori”.